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Il carciofo in Campania

Il profumo del carciofo arrostito ha iniziato a riempire tutta la regione. E in Campania possiamo vantarne ben 8 varietà.

In Campania la coltivazione del carciofo ha origini antichissime, risalente con tutta probabilità all’epoca romana, anche se le prime informazioni risalgono al XV secolo. In esse si fa riferimento al Carciofo di Schito, una zona a nord di Castellammare di Stabia, non lontana da Pompei. Fu probabilmente, infatti, la presenza di un terreno formato da depositi di lava e lapilli a costituire una parte fondamentale nella crescita di questo ortaggio.

L’importanza del carciofo crebbe poi grazie alla grande considerazione che acquisì presso la corte dei Borbone: si narra che Carlo di Borbone lo definì il “re dell’orto”.

Pur essendo coltivato in meridione, la coltivazione del carciofo in Campania è rappresentata esclusivamente da varietà a produzione tardiva o primaverile, cioè da ecotipi che hanno bisogno del freddo per svilupparsi.

La classica varietà campana, infatti, fa riferimento a quella denominata “romanesco”, caratterizzata da piante a taglia grande, con grandi foglie, con un fusto che può raggiungere il mezzo metro di altezza.
Le varietà campane di carciofo con certificazione P.A.T. sono numerose:
  • Carciofo di Procida – coltivato principalmente sull’isola di Procida, questo carciofo si caratterizza per i suoi capolini primari di grosse dimensioni e dalla forma tonda, dal colore verde chiaro con venature violacee, e per capolini secondari di dimensioni inferiori e dal colore tendente al viola. Si produce tra febbraio e marzo e viene utilizzato, oltre che fresco, anche confezionato sott’olio.
  • Carciofo di Castellammare – il Carciofo di Schito, uno dei più antichi in Campania, è conosciuto anche con il nome di “violetto di Castellammare”, per il suo colore tendente al rosa che sfuma nel viola. Una particolarità di questo carciofo è la sua antica tecnica colturale: è d’uso coprire la prima infiorescenza con coppette di terracotta realizzate a mano per proteggerle dai raggi del sole, il che lo rende particolarmente tenero e chiaro. Per questo motivo la sua coltivazione è più lunga rispetto ad altri, e va da febbraio a maggio.
  • Carciofo pignatella – anche questa varietà di carciofo utilizza le coppette di terracotta dal momento in cui compaiono i capolini fino alla loro raccolta, conosciute come “pignatelle” e da cui deriva il nome. La coltivazione di questa varietà è anch’essa molto antica, come dimostra la presenza del termine “pignatella” negli scritti di Plinio il Vecchio. La raccolta inizia a marzo e prosegue fino alla prima decade di giugno, anche se l’apice produttivo è raggiunto proprio in questo periodo di aprile. Si consuma fresco, condito ed arrostito o in parmigiana di carciofi, mentre i capolini più piccoli sono sfruttati per la produzione di sott’oli.
  • Carciofo capuanella – il nome di questa varietà è un vezzeggiativo che rimanda alla città di Capua, zona che, insieme ad alcune aree della provincia di Napoli, è rinomata per la sua produzione. Il carciofo capuanella si presenta di colore verde scuro e di media pezzatura, e matura tra fine marzo ed inizio aprile. Viene tradizionalmente utilizzato per essere cucinato arrostito, in un apposito tegame forato alla base e posto sulla brace, e condito con olio, aglio e prezzemolo.

 

 

  • Carciofo di Pietrelcina – anche questa varietà prende il nome dalla zona di produzione, circoscritta alla cittadina di Pietrelcina, in provincia di Benevento. Si narra che la sua coltivazione in questo territorio fu introdotta intorno alla metà dell’800 da un prefetto originario di Bari. Si coltiva tra marzo e agosto con un procedimento che prevede il taglio estivo degli steli e l’eliminazione dei germogli superflui, che vengono depositati sulle infiorescenze immature per preservarle dai raggi del sole. Questo procedimento fa sì che il carciofo resti molto tenero e conservi un sapore molto delicato.
  • Carciofo di Montoro – nel periodo di aprile si coltiva questa varietà di carciofo che prende il nome dalla cittadina di Montoro, in provincia di Avellino. Si differenzia dalle altre varietà per la sua coltivazione che necessita frequenti irrigazioni. Per questo motivo, la sua produzione si è sviluppata prevalentemente in prossimità di due sorgenti locali. Anche questa varietà viene protetta con tazze di terracotta, per difendere i capolini dall’azione lesiva del gelo, e venduta prevalentemente sul posto dopo essere stato raccolto in mazzi. Per la sua consistenza tenera e l’assenza di spine, in cucina viene preferito cotto alla brace, condito con olio, sale, aglio e prezzemolo.
  • Carciofo bianco di Pertosa – il carciofo bianco viene coltivato in un’area ristretta della provincia di Salerno, tra i comuni di Pertosa (da cui il nome), Auletta, Caggiano e Salvitelle. Il suo colore si differenzia da quello delle altre varietà campane, essendo molto chiaro, tendente all’argento. Sebbene la sua produzione sia molto antica, come testimoniano alcuni scritti del XV secolo, nel ‘900 la sua produzione era quasi a rischio estinzione. Grazie ad un gruppo di agricoltori, che hanno poi formato un consorzio di tutela, la sua coltivazione è stata ripresa fino ad arrivare ad una superficie di produzione di circa 15 ettari. Disponibile sul mercato da metà aprile a fine maggio, il carciofo bianco di Pertosa viene consumato seguendo numerose ricette tipiche del territorio.

L’ultimo carciofo, invece, con certificazione I.G.P. dal 2012, è il carciofo di Paestum, anche conosciuto con il nome di “tondo di Paestum”.

Il suo nome deriva dalla zona di produzione, limitata ad alcuni comuni limitrofi a quello di cui porta il nome: Agropoli, Albanella, Altavilla Silentina, Battipaglia, Bellizzi, Campagna, Cicerale, Eboli, Giungano, Montecorvino Pugliano, Ogliastro Cilento, Pontecagnano Faiano e Serre.

La diffusione del carciofo nella valle del Sele risale alla fine degli anni ’20 del ‘900, in seguito alle vaste opere di bonifica del territorio, sebbene tracce della sua presenza siano segnalate già in un testo degli inizi dell’800.

Insomma, non importa in che zona della Campania vi troviate, di carciofi ce n’è per tutti. E questo è il periodo giusto per gustarli.

Maria Anna Ambrosino

Laureata in Storia e Critica d'arte presso l'Università degli Studi di Salerno. Borsista presso ISISLab all'Università degli Studi di Salerno. Social Media Manager e gestore delle attività del Progetto Hetor. Open Data specialist.

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