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Il presepe napoletano

Il presepe: storia della tradizione natalizia napoletana.

Te piace ‘o Presepe?

Molti ricordano Natale in Casa Cupiello per la domanda, un vero tormentone, Te piace ‘o presepe, che Luca ripete più volte al figlio Tommasino.

In effetti, il presepe è un vero protagonista della commedia; a lui sono dedicati l’inizio e la fine.

Ma è anche uno dei protagonisti principali del Natale in Campania. Tradizione vuole che si prepari l’8 dicembre e che, solo la notte del 24 dicembre, venga posto al suo interno il bambin Gesù.

 

 

La storia del presepe napoletano

Il termine deriva dal latino praesaepe, cioè mangiatoia, ma anche recinto chiuso dove venivano custoditi ovini e caprini; il termine è, infatti, composto da prae (innanzi) e saepes (recinto), ovvero luogo che ha davanti un recinto.

Sebbene l’arte di dipingere la natività esistesse già da molto tempo, la sua prima raffigurazione tridimensionale conosciuta risale al 1223, ad opera di San Francesco d’Assisi.

Non si conosce bene la data della prima rappresentazione presepiale a Napoli, ma esistono alcuni documenti che mostrano l’importanza della natività già nell’XI secolo.

La prima menzione del termine presepe a Napoli, infatti, compare in un atto notarile del 1021 in cui si fa riferimento alla chiesa di Santa Maria ad praesepe; successivamente, in un documento del 1324, è citata la “cappella del presepe di casa d’Alagni” ad Amalfi. Pochi anni dopo la moglie di Roberto d’Angiò regalò alle clarisse un presepe per la nuova chiesa, di cui oggi si conserva ancora la statua della Madonna, all’interno del museo nazionale di San Martino.

Dopo questo episodio, numerosi sono gli esempi di rappresentazioni della natività in tutto il territorio: la natività di marmo del 1475 di Antonio Rosselino; il presepe di Pietro e Giovanni Alemanno nel 1478; nel 1532 quello di Domenico Impicciati.

Nel 1534, poi, giunse a Napoli San Gaetano da Thiene che realizzò un presepe per l’Ospedale degli Incurabili. E’ proprio a lui che si affida la paternità del presepe napoletano, poiché diede inizio alla tradizione di allestire il presepe nelle chiese e nelle case private in occasione del Natale.

Nel primo ‘600, poi, i sacerdoti scolopi sostituirono le statuine con manichini di legno, rivestiti di stoffe e abiti. Il loro presepe più famoso fu realizzato nel 1627 nella loro chiesa e modificava un’altra tradizione esistente: i presepi, che fino ad allora erano fissi, diventavano smontabili per essere, poi, rimontati il Natale successivo.

Nello stesso periodo, il presepe allargò il suo scenario: non più solo la grotta della natività, ma anche il mondo profano esterno. Si univano alla scena rappresentazioni di taverne, botteghe, pastori e cantori, mentre i personaggi si fecero più piccoli.

 

 

Il secolo d’oro del presepe

Il secolo d’oro del presepe napoletano è il Settecento, durante il regno di Carlo III di Borbone. E’ in questo periodo che il presepe iniziò a prendere sempre più le sembianze di quello che conosciamo anche oggi: scene di vita vissuta si unirono sempre più alla rappresentazione; i personaggi si fecero più piccoli; in tutte le case si allestiva il presepe durante il natale e si rimontava l’anno successivo.

Ancora oggi, infatti, il presepe napoletano è ambientato nella Napoli del ‘700.

Uno dei più limpidi esempi di presepe napoletano è dato dalla manifattura in terracotta con pezzi risalenti al XVIII secolo che si trova nella sala Ellittica della Reggia di Caserta. Si tratta dell’allestimento ex novo, compiuto nel 1988, di quello che fu il presepe di Corte. Per la sua realizzazione sono stati utilizzati gli stessi materiali in uso all’epoca.

Una delle collezioni più ricche e più grandi di presepi nel mondo si trova nel Museo Nazionale Bavarese a Monaco di Baviera.

Ma il Museo della Certosa di San Martino è certamente il punto di riferimento per gli studi sul presepe Napoletano, oltre ai ricchi presepi ancora conservati integri a Napoli e altrove.

Forse il più celebre e acclamato esempio di presepe napoletano è il presepe Cuciniello realizzato tra il 1887 e il 1889 ed esposto a San Martino; un altro celeberrimo è il Presepe del Banco di Napoli che possiede anche statuine realizzate nel Settecento da Lorenzo Mosca.

 

I personaggi del presepe

Come abbiamo detto precedentemente, la rappresentazione presepiale napoletana è ricca di figure: taverne, botteghe, pastori, cantori e tanto altro.

Numerosi, dunque, sono i personaggi all’interno della scena e, molti di questi, sono ricorrenti all’interno dei presepi di tutto il territorio:

  • Benito o Benino – Il pastorello che dorme beato e che si immagina dia origine al presepe sognando. Tradizione vuole che non bisogna svegliarlo: di colpo il presepe sparirebbe.
  • Il vinaio e Cicci Bacco – Sono due personaggi opposti: il primo, il vinaio, rappresenta i doni dell’eucarestia, il pane e il vino; il secondo, conosciuto con il nome di Ciccibacco ‘ncoppa ‘a votte, guida un carro trainato da buoi e rappresenta il retaggio delle antiche divinità pagane, il dio del vino. Egli, infatti, viene rappresentato sempre con un fiasco in mano.
  • Il pescatore – Egli ricorda simbolicamente San Pietro, il pescatore di anime.
  • Il monaco – Rappresenta il simbolo dell’unione tra sacro e profano che si realizza nel presepe napoletano.
  • Stefania – È una giovane vergine che, quando nacque il Redentore, si incamminò verso la Natività per adorarlo. Bloccata dagli angeli che vietavano alle donne non sposate di visitare la Madonna, Stefania prese una pietra, l’avvolse nelle fasce, si finse madre e, ingannando gli angeli, riuscì ad arrivare al cospetto di Gesù il giorno successivo. Alla presenza di Maria, si compì un miracoloso prodigio: la pietra starnutì e divenne bambino, Santo Stefano, il cui compleanno si festeggia il 26 dicembre.
  • I re magi – Rappresentano il viaggio notturno della stella cometa che si congiunge con la nascita del nuovo “sole-bambino”.
  • I venditori – Sono dodici, e rappresentano i mesi dell’anno: Gennaio macellaio o salumiere; Febbraio venditore di ricotta e formaggio; Marzo pollivendolo e venditore di uccelli; Aprile venditore di uova; Maggio rappresentato da una coppia di sposi recanti un cesto di ciliegie e di frutta; Giugno panettiere o farinaro; Luglio venditore di pomodori; Agosto venditore di cocomeri; Settembre venditore di fichi; Ottobre vinaio; Novembre venditore di castagne; Dicembre pescivendolo.

San Gregorio Armeno: la via del presepe

Via San Gregorio Armeno è una strada del centro storico di Napoli, celebre turisticamente per le botteghe artigiane di presepi.

La tradizione presepiale di San Gregorio Armeno è molto antica e ha origini pagane. In quella zona di Napoli, infatti, sorgeva un antico tempio dedicato a Cerere, dove gli abitanti di Neapolis portavano in dono statuette fabbricate artigianalmente nelle botteghe sorte intorno al tempio, dove si narra sia stata successivamente edificata l’attuale chiesa di San Gregorio Armeno con l’annesso monastero e il bellissimo chiostro.

L’attuale tradizione del presepe qui si espande nelle chiese, nei musei e soprattutto nelle case. Infatti, oltre ad essere un simbolo religioso, è un inno all’artigianalità del capoluogo campano.

Lungo San Gregorio Armeno la fede si fonde all’arte e alla superstizione diventando napoletanità e il presepe diventa il luogo dove sacro e profano, spiritualità e vita quotidiana si incontrano, mettendo in scena la vita quotidiana della Napoli che fu, ma spesso anche di quella attuale.

La grotta di Betlemme è immersa nella vita partenopea: ecco allora che troviamo, insieme ai pastori, il tarallaro, il ciabattino, il panettiere e addirittura personaggi contemporanei dello sport, della tv e della politica, oltre a riproduzioni di venditori ambulanti, corni, tamburelli e tante pregevoli manifatture.

Sperando di poter tornare presto a passeggiare per le sue stradine e ammirare gli splendidi presepi della tradizione, vi auguriamo di trascorrere felici feste.

Maria Anna Ambrosino

Laureata in Storia e Critica d'arte presso l'Università degli Studi di Salerno. Borsista presso ISISLab all'Università degli Studi di Salerno. Social Media Manager e gestore delle attività del Progetto Hetor. Open Data specialist.

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