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Il Parco Regionale del Partenio e i suoi castelli

Un excursus tra storia, arte e cultura

 

 

La settimana scorsa siamo giunti a Pietrastornina, da cui riprendiamo per raggiungere le tappe successive del nostro percorso.

Continuando il percorso si incontra il Castello Pignatelli della Leonessa di San Martino Valle Caudina. La sua costruzione, benché modificata più volte, è in buono stato di conservazione.

Della presenza di un fortilizio difensivo nel territorio di San Martino Valle Caudina si ha notizia già da un documento dell’837, da cui si evince la fondazione longobarda. Secondo alcune fonti il primo proprietario del castello fu lo sfortunato Mario d’Eboli, accecato dal re Manfredi per essersi ribellato al dominio della Casa Sveva. Da Mario il castello passò nelle mani di vari signori e fino al 1528 restò in quelle della famiglia della Leonessa, cui ritornò, dopo vari passaggi, nel 1556. I discendenti della famiglia, di cui il castello conserva anche il nome, ne detengono ancora oggi la proprietà. È tuttora, infatti, residenza del duca Giovanni Pignatelli della Leonessa, discendente dei duchi di San Martino.

Intorno al XVII secolo i duchi si San Martino costruirono un nuovo palazzo, ai piedi del paese in espansione. Non abbandonarono il castello ma ne modificarono l’assetto per accentuarne il ruolo di residenza signorile, venendo meno la sua utilità come fortificazione.

Il castello fu abbandonato per gran parte del XIX secolo e nel 1908 furono abbattute la parte superiore del mastio ed alcuni ambienti adiacenti. Solo tra gli anni ’50 e gli anni ’70 la costruzione fu restaurata per iniziativa della duchessa Melina Matarazzo, moglie di Carlo Pignatelli, e riabitata dai proprietari.

L’edificio, che si presenta di forma quasi rettangolare e circondato da un muro di cinta ornato da una serie di merli e alcune torri quadrangolari, ha un unico ingresso a sud-est, collegato ai vicoli del borgo. Varcato il portale ci si ritrova all’interno del giardino e, a destra, si trova una piccola cappella gentilizia, mentre di fronte è il palazzo che si articola in due piani. Al piano superiore troviamo stanze destinate perlopiù all’abitazione e il salone di rappresentanza, la stanza più grande del Castello, con pavimentazione lignea e con soffitto cassettonato. La grande sala è ricca di decorazioni e affreschi parietali dei secoli XVII-XVIII raffiguranti scene relative a episodi storici rilevanti per la casata della Leonessa.

Un po’ più giù si trova il borgo di Cervinara, menzionato per la prima volta nell’837, sviluppato intorno ad una fortezza edificata in epoca longobarda. La prima attestazione del Castello, invece, si ritrova in un documento del XII secolo.

Il Castello di Cervinara ha subito numerose modifiche rispetto all’assetto originario, soprattutto a causa dei saccheggi e delle distruzioni avvenute tra Ruggiero II e suo cognato, Rainulfo Butterico. Il fortilizio, infatti, fu ricostruito e ingrandito in epoca Normanna e, in seguito, in epoca Sveva quando il castello assunse la funzione di residenza dei feudatari. Ulteriori cambiamenti furono apportati in epoca Angioina.

L’assenza di sistematici interventi di consolidamento determinò il deperimento della struttura che già nel XV secolo si presentava fatiscente. Nel ‘600 il castello fu acquistato dai Caracciolo, a cui rimase fino all’abolizione dei diritti feudali nel 1806.

I ruderi del Castello Medioevale di Cervinara, cui gli abitanti locali si riferiscono come O’ Castellone, sono ben visibili sulla cima del colle che domina la frazione Castello. In particolare, si conserva ancora l’originaria pianta quadrata, alcune parti della cortina muraria e la Torre principale.

 

 

Lungo la via Appia, a pochi chilometri da Benevento, alle pendici del massiccio del Partenio, sorge il borgo di Arpaia che, per la sua posizione strategica, rappresentava un punto difensivo capace di resistere agli assedi di una certa rilevanza militare. Per questo motivo, nel medioevo, divenne una vera e propria cittadella fortificata, di cui ancora oggi sono visibili due torrioni e la cinta muraria.
Il Castello di Arpaia, di cui oggi restano solo i ruderi, si erge su un largo terrazzo roccioso, le cui radici si perdono tra il secolo VIII e il secolo XII. Attualmente, del Castello-Fortezza, rimane osservabile la complessa planimetria, gli elementi portanti dei vari alloggiamenti e la cortina che conduce verso il nucleo centrale abitativo.

Continuando il nostro percorso giungiamo nella provincia di Caserta e, in particolare, nel comune di Arienzo. Il suo Castem Vetus, che domina oggi il territorio montuoso detto Monte Castello, risale al VII secolo e fu edificato dai Longobardi per difendere prima il Ducato e poi il Principato di Benevento.

Il Castello di Arienzo, per la sua posizione strategica, costituì un posto di vedetta su tutta la valle sottostante fino al XII secolo quando Ruggero II d’Altavilla, detto il Normanno, ne chiese l’abbattimento. Quest’ultimo, dovendo partire per la Sicilia, temeva che in sua assenza i soldati di Rainulfo potessero insediarsi nella fortezza e controllare dall’alto il vasto territorio. Il suo ordine fu eseguito solo in parte e in seguito il castello fu riedificato dal figlio Guglielmo. Tuttavia, successivamente, a causa della sua distruzione, gli abitanti scesero a valle dove costruirono un nuovo edificio detto “la Terra Murata”. La fortificazione fu, così, lentamente abbandonata e, oggi, non ne restano che pochi ruderi.

La tappa successiva è costituita dal Castello di Roccarainola, un comune appartenente alla provincia di Napoli ma il cui territorio si trova al confine con quella di Avellino. La sua costruzione è da collocare intorno al XII secolo, e probabilmente successiva al 1139.

Al suo interno si sono succedute numerose famiglie di feudatari fino al 1806, quando la fortezza apparteneva alla famiglia Mastrilli. Nel corso dei secoli successivi le strutture del castello hanno subito numerosi danni e devastazioni dovuti all’incuria dei successivi proprietari, che lo usavano prevalentemente come tenuta agricola: ancora oggi è circondato da boschi e uliveti.

Attualmente il castello versa in uno stato di abbandono ed incuria totale ma è ancora possibile ammirarne alcuni resti: le tre cinte murarie, conservate in buono stato, e la cosiddetta “torre angioina”, costruita probabilmente nel XIV secolo per rinforzare il lato più esposto agli attacchi.

 

 

A soli 5 Km di distanza troviamo il Castello di Avella, noto anche come castello di San Michele per il culto verso l’Arcangelo dei Longobardi, che costruirono l’edificio nel VII secolo. Il Castello occupa una collina dai fianchi scoscesi situata sulla destra del fiume Clanio; alle sue spalle si stagliano i monti di Avella, barriera naturale che separa il comprensorio avellano-baianese dalla Valle Caudina.

Il sito gode di una posizione strategica di controllo del territorio circostante, a guardia di un itinerario naturale che attraverso il passo di Monteforte Irpino mette in comunicazione la pianura campana con la valle del Sabato e conduce verso la Puglia e la costa adriatica.

La sommità della collina è occupata dalle strutture della rocca, sovrastata da un’imponente torre cilindrica su base troncoconica, circondata da due cinte murarie, una longobarda e l’altra normanna, che si estendono lungo le pendici della collina. Delle due cinte, la prima a pianta ellittica, la seconda a pianta poligonale, si conservano le torri e le semitorri. Tra le due cinte si conservano invece resti di numerosi ambienti riferibili a strutture abitative; l’unico edificio conservato per intero è una grande cisterna a pianta rettangolare.

Nonostante rappresenti dal punto di vista monumentale uno dei complessi medievali più rilevanti della Campania, solo in anni recenti il Castello è stato oggetto di esplorazioni sistematiche grazie a finanziamenti destinati alla realizzazione di un parco archeologico.

Risalendo verso la provincia di Avellino troviamo le ultime due tappe del nostro percorso: il Castello di Sirignano e il Castello del Litto di Quadrelle.

Del Castello di Sirignano, conosciuto oggi come Palazzo Caravita, non abbiamo notizie certe circa la sua costruzione ma l’ipotesi più accreditata è che sia stato costruito in epoca normanna dai locali feudatari, mentre era già disabitato e in completo stato di abbandono nel XVI secolo, quando era proprietà della famiglia Caracciolo.

La prima notizia documentata del castello risale al catasto onciario del 1754, quando era ancora proprietà dei Caracciolo. Poco dopo, il complesso passò prima ai Gioiosa e in seguito a Giuseppe Caravita, principe di Sirignano, il quale restaurò l’intero castello trasformandolo in un palazzo feudale, centro di ritrovo per nobili e artisti dell’epoca.
Oggi, l’edificio, che ha perso il suo aspetto di castello, appare come una massiccia costruzione di forma irregolare in stile neogotico che chiude per l’intera lunghezza il lato est di quella che un tempo era la piazza principale del paese.

Anche il Castello di Quadrelle fu costruito in epoca normanna, sulle alture del Monte Litto (da cui il nome con cui è conosciuto).
Dell’antica fortificazione, suddivisa in tre aree e circondata da cinte murarie, oggi sono visibili solo alcuni ruderi, tra cui il Mastio che domina la collina, semisepolti nella vegetazione.

 

 

Come si evince da questo breve excursus, i castelli di questo territorio si trovano, per la maggior parte, in uno scarso stato di conservazione. Per questo motivo il Parco Regionale del Partenio ha realizzato una serie di progetti finalizzati all’incremento dell’offerta turistica mediante azioni di conoscenza, tutela e valorizzazione del patrimonio storico e naturalistico del suo territorio.

In particolare, il progetto L’Antica via del Partenio propone un percorso di sentieri che si inerpicano lungo l’omonimo complesso montuoso che custodisce le tracce di un passato da riscoprire, fatto di castelli, torri e chiese monumentali che testimoniano il susseguirsi di tutte le culture che hanno lasciato il segno del proprio passaggio sul territorio.

Insomma, conoscere il Partenio significa rivivere le emozioni di una storia millenaria in simbiosi con la Natura!

Maria Anna Ambrosino

Laureata in Storia e Critica d'arte presso l'Università degli Studi di Salerno. Borsista presso ISISLab all'Università degli Studi di Salerno. Social Media Manager e gestore delle attività del Progetto Hetor. Open Data specialist.

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